“IL FUTURO È NELLE STRADE”

Le mobilitazioni che hanno coinvolto il mondo della scuola, dell’università, del lavoro e del precariato in questi mesi, sono sintomatiche dello stato di profondo disagio sociale in cui versa il paese.

Il movimento studentesco si è distinto per pratiche di lotta incredibilmente eterogenee, sganciate – nella maggior parte dei casi – da qualsivoglia logica parlamentare ed istituzionale.

In tutto il paese è riuscita a venir fuori la rabbia di tutti quei soggetti che sono stati travolti in maniera totale dagli effetti della crisi sistemica di un arrancante capitalismo. Oggi, a farne le spese sono tutti coloro i quali non vengono riconosciuti come funzionali alla riproduzione di questo meccanismo perverso che, nel frattempo, ha trovato una nuova veste per continuare a perpetrare il suo dominio su scala globale.

La crisi sta seminando i suoi effetti nefasti, e quello che rimane del corpo sociale, funzionalmente atomizzato ed infiacchito, sta giustamente cercando di reagire con mezzi e pratiche più radicali.

Questo discorso sembra valere anche per il capoluogo siciliano.

Il movimento studentesco palermitano ha covato al suo interno, sin dai suoi prodromi, una serie di contraddizioni che hanno contribuito a smorzarne lo slancio propulsivo all’interno del tessuto sociale cittadino.

Da una parte, le reali istanze di cui il movimento studentesco si sarebbe dovuto fare portatore sono state svilite da pratiche miranti alla spettacolarizzazione mediatica, laddove lo scontro perde ogni suo significato intrinseco e diviene pantomima del conflitto, spesso a causa di dinamiche endogene come, ad esempio, il tentativo forzoso di emulare realtà ben più coese, mature e radicate.

Dall’altra, una logica entrista, vagamente gauchiste, caratterizzata da una serie di pratiche e di concezioni fortemente contraddittorie che, riconfermando il meccanismo della delega politica e offrendosi come potenziale serbatoio di voti, hanno favorito tutti quei soggetti istituzionali che con lucida freddezza e bieco cinismo sono riusciti a catalizzare all’interno dei loro tristi schemi parte di quelle forze che potevano contribuire ad una reale critica dell’esistente.

A causa della precocità di certe azioni rispetto ad un movimento che non ha ancora acquisito una piena coscienza di sé e del suo potenziale rivoluzionario – e non solo catartico – non sono mancate dissociazioni e accuse gravi e infamanti, in particolare su quanto avvenuto in piazza la mattina del 22 dicembre.

Un movimento reale, maturo ed unitario, che parta dal basso, non può e non deve creare manichee e semplicistiche divisioni tra buoni e cattivi.

NOI RESPINGIAMO CON FERMEZZA QUALSIASI TENTATIVO CHE MIRI A REPRIMERE E A CRIMINALIZZARE IL MOVIMENTO PER PREVENIRE E SPEZZARE TUTTE LE FORME DI DISSENSO E DI OPPOSIZIONE SOCIALE.

Emblematiche, in tal senso, le dichiarazioni del ministro dell’interno Maroni che – riferendosi alla questura di Palermo – ha parlato, tra l’altro, di un attacco mirato “contro uno degli avamposti della lotta alla criminalità organizzata”.

Rispetto a questa dichiarazione in particolare ci preme sottolineare come l’antimafia istituzionale abbia scordato di menzionare il fatto che, in un passato non troppo distante, la “mafia militare” sia stata strutturale e funzionale alle istituzioni di questo paese e di come, negli ultimi anni, proprio le istituzioni si siano servite strumentalmente dell’antimafia per rifarsi una verginità agli occhi dell‘opinione pubblica. Anche a spese delle vite di alcuni servitori dello Stato. E’ così che, adesso, con la “CULTURA DELL‘ANTIMAFIA ISTITUZIONALE” si cerca di legittimare l’idea che lo Stato può essere ancora un reale motore di cambiamento. Nel frattempo la mafia ringrazia!

Rispetto al coro unanime che si è levato dai palazzi del potere contro ogni pratica di piazza anche conflittuale, certo di trovare visibilità ed amplificazione tra tutti quei soggetti istituzionali operanti nelle file del movimento, noi rispondiamo:

«Perché due vivano in pace bisogna che tutti e due vogliano la pace; chè se uno dei due si ostina a volere con la forza obbligare l’altro a lavorare per lui ed a servirlo, l’altro se vuol conservare dignità di uomo e non essere ridotto alla più abbietta schiavitù, malgrado tutto il suo amore per la pace ed il buon accordo, sarà ben obbligato a resistere alla forza con mezzi adeguati […]; Gli anarchici non hanno ipocrisia. La forza bisogna respingerla con la forza: oggi contro le oppressioni di oggi; domani contro le oppressioni che potrebbero tentare di sostituirsi a quelle di oggi.»( E. Malatesta, Anarchia e violenza, Pensiero e Volontà, 1924)

Noi dunque ribadiamo che già esistono forme di violenza diffuse e sottili, reali ma sottaciute: la violenza delle istituzioni con cui le moltitudini fanno i conti ogni giorno quando si trovano di fronte ai privilegi e all’arroganza di chi gode di potere e impunità, la violenza che si materializza nelle carceri (istituzione che miete ogni anno decine e decine di vittime), la violenza che si esercita nei Centri di Identificazione ed Espulsione (C.I.E.), la violenza delle forze dell’ordine e quella degli eserciti che combattono le guerre, la violenza dei padroni che si traduce in migliaia di morti sui posti di lavoro ogni anno e l’elenco, purtroppo, potrebbe continuare a lungo.

Noi del Collettivo Studentesco Antiautoritario lotteremo affinché si possa formare un movimento studentesco reale, e non virtuale, che possa essere realmente e radicalmente incisivo, all’interno del contesto cittadino e non. La lotta infine deve, necessariamente, generalizzarsi ed estendersi a tutte quelle sacche di malcontento manifeste nella società: dai lavoratori precari agli immigrati, dai pensionati agli studenti.

Alla crisi sistemica del capitalismo globalizzato bisogna rispondere con un reale progetto rivoluzionario di sovversione sociale, abbandonando le mere logiche di rivendicazione, autorganizzandosi dal basso senza deleghe, senza capi e senza padrini, riappropriandoci degli spazi che ci circondano, creando un modello educativo dove non vi sia distinzione tra l’ insegnamento artigianale-professionale e quello scientifico-umanistico, per un’educazione libertaria slegata dalle logiche del Potere, ribellandosi e lottando fino alla completa distruzione di qualsiasi tipo di sfruttamento e gerarchia, per la certezza di un futuro fatto di “pane, sapere e libertà”.

COLLETTIVO STUDENTESCO ANTIAUTORITARIO

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